Un agosto torrido, quello del 1938. Nulla di strano che nel piccolo borgo ligure di Sant’Agatina un bambino vada a pescar granchi, cada e si sfracelli sugli scogli. Quando però anche il fratellino muore, al maresciallo Curto viene qualche sospetto, che diviene certezza al terzo incidente: qualcuno – o qualcosa – sta tessendo una ragnatela di morte. Mentre in lontananza riecheggiano i discorsi infocati del Duce e nei bar si discute di Bartali e Girardengo, le indagini si impigliano in una rete di silenzi, vecchi segreti e brandelli inascoltati di storia, in un romanzo corale che rispecchia l’Italia che fummo.
Come il ritorno del lupo spaventa e affascina, stimola a ripercorrere piste segrete nella misteriosa foresta dell’animo umano, così, per secoli, la diffidenza nei confronti del diverso si è tramutata in sgomento e ha scatenato la follia della caccia alle streghe. La paura, istinto primordiale di sopravvivenza, si confronta con la nemica da cui è stata generata: la morte. L’uomo, impossibilitato a vincerla, cerca un compromesso e getta ponti, per mantenere con i defunti un dialogo altrimenti impossibile. La parte oscura della mente elabora le proprie apparizioni e illusioni, popolate da una folla di morti che ritornano in carne o in spirito.
immagini di Sheila Bernard
I pensieri di una donna che lavora la terra e se stessa. I dialoghi al mercato. La ricerca dell’essenzialità senza compiacimenti e di una relazione diretta con la vita senza mediazioni.
I numeri non li capisco e neanche le misure. So che in una cassetta alta di legno ci stanno dodici chili di patate, in una bassa otto. Se il secchio rosso lo faccio pieno, di pomodori ce ne stanno sette chili, all’incirca, se lo faccio a metà, quattro, più o meno.
‘Quanto le fa al chilo le zucche?’ Io non lo so quanto le faccio le zucche al chilo. Una piccola tre euro, quella media cinque, grande dieci. Questa è la mia misura. Non vendo a peso, vendo a buon senso, a cuore, a occhio, talvolta a circostanza, a baratto, a regalo.
Se il catino azzurro è pieno fino all’orlo ha piovuto molto, è stato temporale. Se è asciutto e non conta neanche una goccia avanzata, è molto che non piove. La febbre la misuro in brividi, in brividi e coperte. Una coperta, 37,5 gradi; due, sale verso i 38; due più le ginocchia al petto si superano i 38; due più le ginocchia al petto e la conta di tutte le mie persone, è febbre altissima: bisogna cercare riparo.
Non sono alternativa, sono nata contadina.
Un antico ricettario ligure riemerge dai magazzini di una biblioteca nella sua edizione originale.
La vera cucina genovese di Emanuele Rossi, 656 ricette racchiuse in ventotto capitoli: un viaggio all’indietro nel tempo, per indagare e comprendere l’autentica cucina ottocentesca, con gli ingredienti, gli strumenti e i procedimenti originali.
Prima edizione di un importante e tra i più antichi ricettari della cucina ligure.
Questo libro parte da una tesi molto semplice: avere ragione non significa dire la verità. Ma com’è possibile affermare una cosa del genere? In effetti noi siamo talmente abituati ad associare quei due termini che ci sembra quasi assurdo poterli separare.
Eppure è proprio così, chi ha ragione, non per questo, dice la verità! Ma quindi la verità non esiste? Davvero non si può dire? C’è, forse, un modo per dirla? Ma cos’è, allora, la verità?
La bambina che non vuole crescere e quella che si scopre grande, all’improvviso. La bambina che nella notte teme l’invasione delle formiche e quella che invece addomestica il buio, suonandolo con le mani. La bambina che s’inventa universi sospesi e quella che già conosce la fatica di un quotidiano pieno di limiti.
Tanti incontri, con la natura, le cose e le persone, con la bellezza, la vergogna e la paura, con la gioia, la meraviglia e il dolore, con le partenze, gli arrivi e i ritorni.
Tante prime volte che svelano il mondo, registrate attraverso uno sguardo ora intinto nella magia ora così consapevole della realtà da coglierne il senso segreto, le spine e il mistero.
Nuova La carta, nel suo multiforme e giocoso aspetto, è la protagonista assoluta di queso piccolo libro: piegata, intagliata, incisa, cordonata, modellata, applicata… ma soprattutto raccontata, attraverso brevi frammenti di un discorso amoroso, accompagnati da note e consigli utili e semplici. Tutti all’opera, quindi, con l’augurio che questa lettura possa essere… accartivante!
Cosa si può fare per recuperare il dialogo autentico con i figli? Quali sono le parole che aprono ad una relazione di amicizia tra genitori e figli? È la parola che fa la relazione. Il dialogo vivo, continuo e sincero tra genitori e figli è qualcosa che richiede esercizio. Le esperienze di dialogo raccontate nel libro intendono aiutare il lettore a trovare le proprie parole nella relazione coi figli, a gestire il proprio potere e a comprendere come la responsabilità prima del genitore non è educare, ma ‘fare l’anima’.
Curioso, distaccato, gentiluomo di poche parole, profondamente cittadino nel modo di vedere le cose, Auguste Maillot lavora in un commissariato di provincia, ai piedi di una vallata alpina, dove incontra casi che ci parlano della vita di paese, di mentalità e comportamenti radicati nella montagna e fuori dal tempo: casi che si aprono davanti ai suoi occhi di spettatore perplesso e si risolvono… quasi da sé.
53 sguardi e altrettante riflessioni sul mondo dei migranti, inviate da Niamey (Niger) tra il 2012 e il 2017 da Mauro Armanino, prete, missionario e testimone. Armanino non parla di numeri, non si ferma agli aggettivi (profughi, sfollati, richiedenti asilo, e ancora dieci altre targhette di gran moda), ma li chiama ciascuna e ciascuno per nome, ci racconta che hanno un volto e nel bagaglio una storia, che non vengono dall’absurdistan, ma da un luogo che anch’esso ha un nome, dove hanno lavorato o studiato, dove hanno lasciato una famiglia, una comunità di persone che hanno un nome, e poi – nome dopo nome – ci racconta di chi nel viaggio ha assaggiato l’antipasto dell’inferno e di chi non è arrivato né tornato, e ancora racconta di governi collusi, di organizzazioni compiacenti, di potenze della finanza e della politica che prosciugano le ricchezze del centro del mondo e le convogliano nella nostra periferia. Con lingua schietta, nello stesso tempo poetica e viscerale, senza sconti alla verità né alle responsabilità, questo libro parla di noi.
I protagonisti di questo libro sono portatori sani di una malattia chiamata vita, quelli che ogni giorno dal centro del mondo provano a raggiungere la nostra periferia residenziale; indossano un nome, una storia, una speranza o forse un’illusione; qualcuno riesce a raggiungere le spiagge della periferia, altri affondano in quella caporetto della nostra civiltà che ha nome Mediterraneo, la più grande fossa comune del nostro tempo. Ma per la televisione che ce ne parla, i giornali e il Ministero degli interni, e per i luoghi da scaramuccia – nel Parlamento europeo come su Facebook – sono solo numeri da contare, pedine da sopportare, unità da statistica, ingombri, cascame umano, corpi senza volto, ombre che vengono da un altrove indefinito, pretesti per la schermaglia tra chi ama pensarsi evoluto e tollerante e chi lascia uscire il bitume che ha nel cuore, ma anche pretesti per agire la speculazione e il riciclaggio.
Racconti di fiume e di paese che nascono dal desiderio di portare in superficie e trattenere frammenti di esistenze che scorrono lungo il filo del Novecento e si incontrano sullo sfondo della campagna e della riva di Po. Sono storie di argini e di margini, di legami e di lavoro, di amori e di casa, di sensi e di ricordi, capaci di aprire le porte che separano i tempi dai luoghi. Sono racconti che chiedono e sanno dare risposte.
Se da un lato domandano al lettore attenzione e condivisione, dall’altro gli offrono uno sguardo empatico su un mondo di cui si sentirà presto partecipe, a volte complice.
Questo libro è il frutto di 35 anni di ricerche ed esperienze sul campo, condotte insieme con i contadini e le contadine del Medio Oriente e del Corno d’Africa, per giungere a sostituire alle varietà imposte dalle multinazionali del seme, uniformi e incapaci di adattamento, i miscugli e le popolazioni vegetali custodite e selezionate direttamente dai coltivatori con la partecipazione collaborativa dei ricercatori.
Il passaggio dall’uniformità alla mescolanza offre la risposta più forte e convincente alla crescente erosione del patrimonio di biodiversità, e all’odierno modello dominante di agricoltura.
Cercare semi, Varietà tradizionali, I semi del corredo, Orti di periferia, Conservare la diversità, Comunanze, Prezzo giusto, Il tempo dei contadini, Costumi di un altro tempo, Fatevi le vostre varietà, Scambio dei semi e diritto originario…: sono alcuni tra gli argomenti presentati in questa raccolta dove, riassunto, vive un percorso di riflessione e di azione intrapreso dall’autore, dentro e intorno al mondo rurale, dai primi anni 1980 fino a oggi, per sostenere un primato morale delle varietà agricole tradizionali, fino a quando non sono diventate oggetto di culto e ostentazione di una nuova ideologia urbana.
Bucarest, 2017. Un giornalista italiano, razionale e cinico, racconta gli effetti del regime totalitario degli ultimi anni Ottanta attraverso il ricordo della storia d’amore tormentata con una ragazza romena, Mariana. Il padre di lei, insegnante di storia e avversario politico, viene rinchiuso in manicomio, la sorella Angela, commessa in un negozio di stato dove la contraffazione è consuetudine, è minacciata e abusata da un militare della Securitade, e rischia di perdere la vita a causa di un aborto clandestino, la stessa Mariana prima lavora alla realizzazione del gigantesco Palazzo del popolo, poi si avvicina a un movimento di rivoluzionari…
Il libro di un contadino che ha rinunciato al superfluo provando ad accordarsi con l’orologio della natura, orientato alla terra con la bussola del buonsenso verso l’autosufficienza, distante dal consumismo, dalla competizione, dalle luci artificiali, dalle ossessioni cosmetiche e, per quanto può, dal denaro.
Nella loro semplicità, i versi in rima baciata di Felice sono viatico per una buona vita.
Buone notizie dal centro del mondo: dal Sahel, dal Maghreb, dai margini della Cina, dal Sudamerica, dal Kurdistan, dalla Palestina, dalla Bosnia, dagli slum che orlano quella periferia in gran parte residenziale che chiamiamo Occidente, e da cento altri luoghi. Buone notizie per ricordarci che la vita vive e che nelle smagliature del benessere appesantito e prigioniero dei muri nei quali si è rinchiuso respira la speranza. 18 brevi racconti
Cos’è il confine? È una convenzione, una linea immaginaria. È una sovrastruttura che delimita e rassicura al tempo stesso, che contribuisce a costruire la nostra identità e contemporaneamente ci costringe ad assumere la diversità dell’altro, di colui che sta oltre questa linea. Ci sono confini reali, quelli degli stati, e confini astratti, disegnati dalla paura o dal pregiudizio. Queste storie sono brevi sguardi al di là di tanti confini.
Manuale illustrato per innamora(r)ti di cactacee e succulente 65 piante grasse con gli usi comuni e i trucchi per coltivarle bene
Cos’è che ci spinge a cercare nuove piante grasse sulle bancarelle più remote di paesi sperduti?
Quale richiamo ci porta verso la millesima pianta desiderando già quella successiva?
Cos’è che fa nascondere a noi collezionisti l’ultimo acquisto dietro i vecchi vasi? Perché la vetrina del fioraio ha sempre l’impronta del nostro naso bene impressa nell’angolo da cui si intravedono le grasse?
Nel libro troverai tutte le risposte e anche le buone ragioni per i prossimi acquisti.
Pierre Rabhi, avendolo vissuto per esperienza diretta, ci chiama qui a un atto di riconciliazione urgente, sia reale sia simbolica, tanto essenziale nella sostanza pratica quanto profondamente religiosa. La riconciliazione con la nostra madre terra è persino più urgente della riconciliazione tra gli uomini, poiché la nostra vita dipende dalla nostra terra. Nessuna vita sopravvive su di una terra morta. Rabhi ci presenta sotto forma di racconto la triste storia dell’arroganza umana che, volendo dominare la vita, la distrugge; volendo dominare le specie, le annienta; volendo dominare la terra, la mutila, la tortura, la dissacra.
C’è un modo simbolico – dunque unificante, integro, realista – di intendere il mondo e la vita, un modo che dà forma alle ricerche e agli studi qui proposti, dedicati ai linguaggi del mondo rurale, allo spartiacque della modernità, al significato profondo di alcune parole centrali (cultura, simbolo, sacro), alla bellezza che illumina la verità delle cose, più in generale a quell’intima unità che fa venire meno le classiche e logore separazioni che, nel tempo, hanno prodotto la precedenza e oggi il sopravvento dell’astrazione sulla concretezza, della fantasia sull’immaginazione.
Guida pratica, divulgativa e illustrata alla costruzione, alla manutenzione e al recupero dei muri in pietra a secco, perché chi vive sulle colline, le montagne e le coste scoscese del nostro Paese possa continuare o tornare a prendersi cura dei propri terrazzamenti.
Materiali e attrezzi, l’organizzazione del cantiere, i criteri statici di base, la scelta delle pietre, le parti del muro, tecniche e fasi di costruzione, le rampe e le scale. Come mantenere in buona salute un muro in pietra a secco. Come costruire un muro in pietra a secco. Aspetti normativi.
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